Specchio dei Tempi de La Stampa

La Faro, un corretto approccio alla salute della gente

17 gennaio 2016

«Da quando papà non c’è più sento il bisogno di leggere La Stampa tutti i giorni, come faceva lui; ho fatto l’abbonamento on line e spesso la leggo il mattino a letto, prima ancora di alzarmi. I miei appuntamenti fissi sono Gramellini, i necrologi e Specchio dei tempi.  

«Così l’altro giorno ho cominciato a leggere il pezzo scritto da un medico della Faro, e più leggevo più mi ritrovavo in quello che era scritto. Non avevo mai accompagnato nessuno nel passaggio, prima di accompagnare papà, e ho avuto la fortuna di farlo presso un Pronto Soccorso (quello dell’Ospedale di Ciriè) dove tutto il personale mi ha aiutato ad accompagnarlo. Posso dire una cosa strana? E’ stata una bella morte, e per me una bella esperienza. Mi sono sentita piena, dopo. Mi è servito ad accettare. Mi ha lasciato qualcosa dentro anche la sua morte, oltre che la sua vita. 

«Papà aveva uno scompenso cardiaco, ma io mi sono detta che avrebbe sofferto molto meno nell’ultimo anno della sua vita se fosse stato possibile avere un’assistenza medica e infermieristica a casa adeguata, se qualcuno mi avesse aiutato ad accompagnarlo nella malattia, così come sono stata aiutata ad accompagnarlo alla morte. Il servizio che la Faro rende alle persone malate e alle loro famiglie dovrebbe essere il servizio “sanitario” che viene tout court offerto agli anziani che si ammalano e che diventano bisognosi di assistenza, e alle loro famiglie, anche richiedendo la compartecipazione economica. Questo, non l’ospedalizzazione o il ricovero in strutture perché tu - familiare - non sai come gestire una persona che non cammina, che non è autonomo, che magari ha bisogno dell’ossigeno 24 ore su 24, e la sua vita diventa un inferno, deve condividere la stanza con altre persone, e comunque deve avere una persona al suo fianco perchè se no lo mollano nel letto e se non c’è un familiare ci vuole la badante ... Quello che è successo a papà dopo l’intervento, e per fortuna sulla nostra strada abbiamo trovato una splendida assistente... 

«Ecco, mentre leggevo quell’articolo pensavo: “questo è l’approccio corretto alla salute delle persone, questo dovrebbe fare la medicina, questo dovrebbe offrire il servizio sanitario: dare la possibilità di trovare spazi di vita anche alla fine della vita’”. E gli anziani - si sa - sono un po’ tutti “malati terminali”. Leggendo e rivivendo la mia esperienza ho capito che le cure palliative non sono solo farmaci per non sentire il dolore, ma anche l’aiuto a capire ed accettare la malattia e la morte come parte del nostro essere umani e vivi. Fino all’ultimo: perché, come diceva sempre papà citando Marcello Marchesi, “l’importante è che la morte ci trovi vivi”». 

Paola Mussino