I ragazzi intervistano i pazienti

Alternanza scuola lavoro - Liceo Volta

08 aprile 2019

 

Ecco di seguito un testo scritto dai ragazzi del liceo scientifico A. Volta di Torino in occasione della restituzione ai professori di quanto svolto durante il progetto di alternanza scuola lavoro presso la FARO.

 

Nell’ambito dell’Alternanza Scuola-Lavoro, noi tre studenti del liceo scientifico Alessandro Volta di Torino, Alberto, Vittorio e Giacomo, abbiamo scelto il progetto “prendersi cura della sofferenza” presso l’hospice della Fondazione FARO.  La nostra scelta è stata dettata dalla curiosità di mettersi a confronto con persone che sono state “obbligate” ad affrontare situazioni estranee alla vita di tutti i giorni.

Abbiamo, pertanto, deciso di porre alcune domande a tre malati, disposti ad esternare il loro stato d’animo e a raccontarci i primi momenti vissuti all’interno dell’Hospice.

 

Alla prima domanda, inerente alle sensazioni vissute all’arrivo nella struttura, è emerso che l’approccio iniziale è stato disinvolto solo per un intervistato; per gli altri due, i quali provenivano da un ricovero in ambiente ospedaliero, è stato altamente positivo, rassicurante e protettivo: come dice testualmente il secondo intervistato “Precedentemente ero ricoverato in ospedale, la differenza è notevole. Qui sei più libero; inizialmente ero un po’ scioccato: mi sono ritrovato in camera da solo con frigorifero e televisore, pensavo di essere in un albergo. È stato molto positivo il modo in cui sono stato coinvolto”.

 

La seconda domanda era incentrata sulle cure alle quali vengono sottoposti; i tre intervistati hanno affermato miglioramenti non solo delle condizioni fisiche ma anche di quelle emotive rivolte a se stessi e ai familiari come emerge, soprattutto, nel terzo intervistato: “Assolutamente sì, mi sento molto più tranquilla e sicura; se succedeva qualcosa a casa, ci doveva pensare mio figlio che mi ha aiutato moltissimo, anche se a volte lo vedevo un po’ perso. Qui mi sento anche più protetta”.

 

Nella terza domanda, relativa ai rapporti umani e interpersonali con le diverse figure professionali, è risultato in maniera spiccata un legame profondo, stabile e continuativo con tutti gli operatori indipendentemente dal ruolo professionale. Tutto ciò si evince dalla risposta del primo intervistato:

“Sono tutti bravissimi. Mi sono affezionata a tutti. Dipende, però, da te: come ti comporti, altrettanto faranno gli altri. Anche nella vita è cosi, è inutile far preferenze, se sei bravo con tutti di conseguenza lo saranno anche loro”.

 

Sebbene gli intervistati abbiano mostrato un coinvolgimento psicologico differente nei confronti della loro condizione clinica e un approccio diverso con i vari operatori e pazienti, in tutti e tre i casi colpisce come avessero dei consigli preziosi da trasmettere alle generazioni future come la nostra.

 

In particolare, il primo intervistato ha dichiarato: “A voi giovani avrei da dare molti messaggi che non si farebbe in tempo in una vita intera … ho due nipoti, infatti quando il dottore mi ha parlato di questo progetto sono stata subito d’accordo a partecipare; a me piace lavorare con i giovani. Sta a noi fare cose buone nella vita e cose cattive, è tutto dentro di noi. Bisogna apprezzare le cose semplici e sbagliare con la propria testa, valutando però prima la situazione. Mai imporsi sugli altri. La vita mi ha messo davanti a tutto ciò; nessuno vi deve insegnare niente, dovete imparare da soli cosa fare e come comportarvi, anche grazie all’insegnamento dei vostri genitori”.

 

In conclusione, è stata un’esperienza formativa ricca di insegnamenti che ha migliorato sul piano umano la nostra visione nei confronti della vita, nella quale l’altruismo, la sofferenza, la comprensione, la dedizione verso il prossimo sono valori reali da mettere in pratica sempre.