Curiosità: ma cosa vuol dire "palliativo"?

15 novembre 2023

La Fondazione Faro è ormai da quarant’anni un punto di riferimento nella provincia di Torino per quanto riguarda le cure palliative.
Ci prendiamo cura delle persone con attenzione e competenza, cercando di fare attenzione alle loro necessità e rendere più indolore possibile il tempo che passano con noi.

 

Prendiamo questa missione molto sul serio, e questo ha anche a che fare con l’etimologia del termine “palliativo”, e la leggenda che l’accompagna.
Infatti, gli elementi di empatia, attenzione al prossimo e desiderio di far sentire meglio le persone sono tutte derivate proprio da questa parola.

 

Poche sillabe, che però contengono un universo di sensazioni e hanno un potere immenso nel far sentire meglio qualcuno. Per questo, oggi vi raccontiamo proprio le sue origini.

 

Palliativo: l’etimologia della parola e la leggenda di San Martino

La parola palliativo, così come la intendiamo oggi e che tanta importanza ha nella nostra vita quotidiana come Fondazione Faro, ha un’origine mitologica e affascinante.
E il fatto che la Giornata delle Cure Palliative sia celebrata l’11 novembre, il giorno di San Martino, non è per niente un caso.

 

Infatti, tutto inizia proprio con la leggenda di San Martino.
Se seguiamo la tradizione cristiana, sappiamo che Martino nacque nel 317 in Sibaria, regione che corrisponde all’attuale Ungheria.
Da ragazzo si trasferisce a Pavia con i genitori, e in quella città diventa un soldato dell’esercito romano.
La sua vita nell’esercito dura per molto tempo, fin quando, a 40 anni, decide di farsi monaco.

 

Martino è un Santo ricordato come molto generoso, attento e particolarmente protettivo verso gli ultimi, i più deboli, chi soffriva.

La leggenda, anche detta “miracolo del mantello” narra che, quando ancora era un semplice soldato nelle fila dell’esercito romano, Martino incontrò un uomo povero che mendicava in una fredda serata autunnale. L’uomo era protetto solo da pochi stracci, il clima inclemente, la pioggia sferzava l’aria.

 

Mosso a pietà, si tolse il mantello - parte integrante della sua divisa di soldato - e lo tagliò a metà con la spada, dandone una parte all’uomo.

 

A quel gesto di grande altruismo e gentilezza, il cielo si aprì, svelando un lieve tepore dal sapore di un’estate tardiva: quella che venne poi chiamata l’estate di San Martino, anche messa in poesia da Carducci, che indica quel periodo intorno all’11 novembre in cui possiamo godere di qualche mite giornata fuori stagione.

Il mantello diviso a metà è simbolo di cura, di attenzione per il prossimo in ogni momento. E non possiamo dimenticare quello che è molto più di un dettaglio: il tipo di mantello che indossava, in dotazione all’esercito, si chiamava pallium.

 

E proprio la generosità di Martino, e il suo desiderio di aiutare una persona con empatia, anche quando la soluzione sembra solo rimandare un esito già scritto, lo ha reso il Santo patrono delle cure palliative, il cui nome nasce proprio dal mantello del santo.

La medicina palliativa si pone l’obiettivo di migliorare la vita delle persone, anche in casi di non guaribilità. Ed è per questo che l’esempio di San Martino è sempre con noi.