Il posto, il momento, il modo.

di Ferdinando Garetto, Barbara Barolo e Monica Seminara (progetto “OLTRE” 2016 – G.I.T.R onlus – Fondazione FARO onlus)

18 ottobre 2016

Il primo pensiero di fronte alla descrizione drammatica della morte di un malato di cancro dopo 56 ore di ricovero in un Pronto Soccorso romano è senza dubbio che lo sventurato paziente ha trascorso gli ultimi due giorni e mezzo della sua vita nel posto sbagliato (una barella di un sovraccarico Pronto Soccorso), nel momento sbagliato (quello in cui sarebbe più dignitoso essere a casa propria, in un hospice, o almeno in un vero letto di una stanza d’ospedale), nel modo sbagliato (da quanto si legge nelle dichiarazioni del figlio, praticamente senza assistenza).Una notizia che ha fatto rumore, come spesso capita a proposito dei temi di fine della vita su cui periodicamente si accendono i riflettori e per cui si alzano le grida di denuncia...Poi, spesso, tutto ripiomba in un triste silenzio. Certamente sarebbe stato meglio se ben prima dell’urgenza fosse stato attivato un servizio di cure palliative; se tempestivamente, magari in un precedente ricovero ospedaliero, fosse stato proposto l’hospice; se durante il decorso della malattia i familiari fossero stati correttamente informati delle prospettive prognostiche e dell’inutilità di trattamenti di “emergenza” nella fase terminale. Se ... se ... se... Ma di fatto, purtroppo, questo non sempre avviene. Ed i malati continuano ad arrivare “a morire in un Pronto Soccorso”. Niente da fare, quindi? O solo aspettare tempi migliori ed una maturazione della società?No: anche in un pronto soccorso “si può fare qualcosa”. A volte gesti piccolissimi, a volte un’attenzione ad un particolare, spesso un attento gioco di squadra da parte di operatori formati anche a questi momenti difficili di dolore e sgomento. Un ricordo... Una giovane donna, arrivata all’ attenzione del DH, molto sofferente e con improbabili attese di nuove linee di chemioterapia che erano state escluse da un altro Centro oncologico, in una situazione di malattia del tutto compromessa. Un marito spesso via per lavoro. Un figlio dodicenne. Una mamma anziana e disperata, alcune amiche generose e volenterose. In due giorni avevamo cercato di fare tutto il possibile: controllare il dolore fisico, innanzitutto; poi aiutare tutti a prendere consapevolezza della gravità della situazione e dell’importanza di attivare un programma di assistenza domiciliare, contemporaneamente aprire uno spazio di supporto psicologico per tutti i soggetti del dramma, ciascuno a suo modo fragile. Tutto questo in day hospital. Poi il week end, in cui il DH è chiuso, con la speranza di arrivare al lunedì in cui sarebbe stato attivato il servizio domiciliare. Ma purtroppo uno scompenso ulteriormente rapido e per certi versi imprevedibile, seguito dal comprensibile smarrimento dei familiari sul da farsi, porta al ricovero in Pronto Soccorso.E qui, in Pronto Soccorso, il piccolo “miracolo” che sempre avviene quando “scienza e coscienza” lavorano insieme.Operatori cresciuti nella lunga tradizione di collaborazione fra Oncologia e Pronto Soccorso dell’ospedale Gradenigo, e formati negli incontri del progetto di formazione “Oltre” ( che diffonde da diversi anni,  grazie alla collaborazione GITR – FARO , la cultura delle cure palliative anche al di fuori della divisione di Oncologia), si attivano e cercano di fare il possibile e l’impossibile... Innanzitutto la rivalutazione competente della terapia del dolore, poi la creazione di uno luogo di intimità anche negli spazi angusti (con un paravento, ma ben venga se in questo modo ai familiari viene consentita la presenza costante accanto al congiunto, secondo l’idea della “rianimazione aperta” di cui si parla nei modelli più innovativi di Terapia Intensiva), la possibilità di una tempestiva consulenza da parte dell’oncologo di turno, i contatti telefonici ripetuti con il palliativista, l’accoglienza dei familiari più fragili e turbati fino alla condivisione con il marito della opportunità e necessità di una sedazione più profonda per il controllo di ogni sofferenza negli ultimi istanti di vita. La vicinanza al figlio nell’ultimo saluto... Il supporto alla mamma ...Il coinvolgimento delle amiche...In un pomeriggio d’inverno, così, uno stanzino del Pronto Soccorso si trasformò quasi in piccolo Hospice temporaneo. Agendo nel modo giusto, il posto diventò meno sbagliato e il momento, ineluttabilmente breve, si trasformò in un tempo indefinibile, ricco di relazioni e prezioso per profondità ed intensità.Certo, un semplice episodio, ma non unico. E soprattutto, tanti altri episodi meno drammatici, in cui l’attenzione del Medici e degli Infermieri del Pronto Soccorso permettono di risolvere le crisi immediate, ma ancor di più di segnalare la possibilità dell’assistenza domiciliare, o dell’hospice nella fase in cui c’è ancora il tempo di costruire un programma di cura ed assistenza, attraverso il coinvolgimento del Medico di Famiglia e delle Unità di cure palliative. E quei malati, “presi in carico” e curati, in genere in Pronto Soccorso non torneranno più...

Episodi come quello riportato non sono unici, e soprattutto non rientrano esclusivamente nel tema della “buona volontà”. La Società Scientifica dei Medici d’Emergenza e Urgenza (SIMEU) dedica da alcuni anni una particolare attenzione agli aspetti del dolore e delle fasi di scompenso delle cronicità.Ci sembra particolarmente significativo riportare il comunicato introduttivo del prossimo congresso nazionale SIMEU (Napoli, 18-20 novembre 2016), a cui il dr. Gandolfo dell’ospedale Gradenigo partecipa attivamente nel gruppo formazione “Sedazione e Analgesia in Urgenza”.

Che ci sia un link tra Medicina d’Emergenza Urgenza e Medicina Palliativa è innegabile: in altri Paesi la Medicina Palliativa costituisce una costola della nostra stessa specialità.Quel che più importa, indipendentemente dalle radici culturali, è che se la Medicina d’Emergenza Urgenza è la disciplina che DEVE essere in grado di dare immediatamente risposte efficaci alle istanze che riceve, le nostre competenze DEVONO essere allargate anche al campo della Medicina Palliativa.Non si pretende di esaurire, in un corso di poche ore, necessità formative che occupano l’intera vita professionale di altri Colleghi. Semplicemente, lo scopo del corso è fornire a chi opera in Pronto Soccorso, OBI, Medicina d’Urgenza, Terapia Sub-intensiva, un bagaglio minimo ma efficace di strumenti idonei a riconoscere e trattare condizioni per le quali spesso le persone si rivolgono alle nostre strutture (principalmente le “pain crisis” e le condizioni di fine vita).Nel corso si seguirà un approccio il più possibile concreto e orientato al problema, che tenga presenti i tremendi limiti che il setting dell’urgenza ha per questi pazienti e la necessità, ogni qual volta sia possibile, di interfacciarsi con gli specialisti in materia.Ma che al contempo renda possibile una gestione adeguata di pazienti che, seppure con prerogative del tutto peculiari, vanno definiti “pazienti critici”.